CENTRO STUDI VIGNOLA - APS

Associazione Culturale
Anche noi del Centro Studi, ogni anno organizziamo il nostro sogno che è la nostra festa
Il Presidente del Centro Studi Vignola


Memorial M°. Bozzoli" 2013 foto in sequenza



SEZIONE A - 1ª classificata 2012
Barba Giuseppe     Gallipoli LE
Quaggiù..
E’ questo il mio sud,
dove il vento si fa voce di chimere
e narra di uomini dannati e degli eroi,
tra cocci di sogni sognati ormai da ere,
tra fantasmi di speranze antiche e morte,
scavando solchi su volti che son pietre,
strani grovigli di rinunce e malasorte.

E’ questo il mio sud,
dove su zolle rosse che han bevuto sangue
si danna il vecchio al giogo di una vanga
e il suo corpo si contorce mentre langue,
al maestrale che ghiaccia l’aria e il cuore,
al falò di stoppie che brucia sterpi e sogni,
alla pioggia che non lava mai il dolore.

È questo il mio sud,
dove invecchia sul sagrato il pescatore
biascicando i suoi ricordi della vita,
fra notti di tregenda e meste aurore,
ignaro d’essere creatura senza tempo,
eterno don chisciotte d’un romanzo amaro,
fatto di onde e morte, di salmastro e vento.

E’ questo il mio sud,
dove tra morsi di tarante e tamburelli
esplode la rabbia antica della terra
tra riti e danze di ossessi e di ribelli,
dove stupende stelle punteggiano il dolore
e lune opulente rischiarano la fame,
e dove spunta un’alba e un sogno muore.


SEZIONE B - 1ª classificata
Vettorello Rodolfo   Milano

LA MIA PETROLIERA
Castello a poppa d’una petroliera,
una cabina con la luce fioca
e l’odore di nafta che mi inebria
e mi trascina, come alla deriva,
nella follia d’un viaggio nell’ignoto.
Sogno di andare per le vie segrete
di mari neri, quasi avvelenati
e di ormeggiare in porti sconosciuti;
cupi i riflessi degli idrocarburi
nell’acqua
e una morìa di arcobaleni.
Lascio la terra e tutti i suoi giardini
e l’aria che profuma d’oleandri,
il mare che si guarda dalla riva,
azzurro da confondersi col cielo.
Cancello dallo schermo del PC
l’immagine di spiagge tropicali
E chiudo nel cassetto dell’ufficio
i depliant delle agenzie di viaggi.
Io non mi illudo più,
non so più stare
al sole delle spiagge arroventate,
né al centro d’un paesaggio di colline,
in un casale del Mulino Bianco.
La vita vera non è mai un idillio
e il mare azzurro
ormai solo un miraggio.
Io, quello che da tempo ho immaginato
è il navigare dentro un mare vero.
Dal mio castello sulla petroliera
guardare l’orizzonte che mi spetta,
la linea che separa con un taglio
un mare scuro
e un cielo quasi nero.

SEZIONE C - 1ª classificata - VERNACOLO

Bertolotti Annalisa     Reggio Emilia
Côr ed póva
ST’ésa prū parlēr dabòun,
cun tótt còl ch’l’ìva da dîr,
gh’é sré gnū, forse, ‘1 magòun,
l’aré fàt soquànt suspîr

Mèint’r invéce la tasìva,
mésa là, int ‘na càsa d’óva;
beinché la parésa vìva,
in fònd l’éra sól ‘na póva.

Mó la gh’ìva tótt l’incànt
ed ‘na cósa sopraffina
che mé pèder, emigrànt,
l’ìva tōt in Argentina.

S’lésa fat un pó’d fortuna-
còsta l’éra ‘na promèsa-
al m’aré purtè la luna:
cmé ‘na vàca a la cavèsa!

;Mèint’r invéce, int un scatlòun,
l’a sarè la nustalgìa,
i rimpiànt, al só magòun
e ‘na brìsa ‘d poesìa.

E ch’la póva ‘d porcelàna-
èlta quèsi pió che mé-
int ‘na tèra acsé luntàna,
l’a sintū i só perchè...

É’ m’arcòrd incora ‘1 quèder
cun dal tìnti un pó sbiadídi:
sòm andèdi a tōr mé pèder...
là, int al pòrt, insangiutídi...

L’è sbarchè cun un scatlòun,
al l’a avèrt cun tànta cura...
quànd j’ó vést al bambulòun
j’ó sighè per la paura...

E acsé l’òm mésa vìa,
pió ninsùn ’n a fàt parôla
e, s’agh vìn la nustalgìa...
gnàn un càn che l’aj consôla..

Cuore di bambola
Se avesse potuto parlare davvero,
con tutto quello che aveva da dire,
forse si sarebbe commossa,
avrebbe esalato tanti sospiri...
Mentre, al contrario, taceva,
buttata là, in una cassa da uva:
benché sembrasse viva,
in fondo non era che una bambola.
Però aveva tutto l’incanto
di una cosa sopraffina
che mio padre, emigrante,
aveva comprato in Argentina.
Se avesse fatto un po’ di fortuna-
questa era una promessa-
mi avrebbe portato la luna,
come una mucca alla cavezza!
Mentre, invece, in uno scatolone,
ha rinchiuso la nostalgia,
i rimpianti, la sua angoscia
ed un briciolo di poesia.
E quella bambola di porcellana-
alta quasi più di me-
in una terra così lontana,
ha consolato le sue lacrime...
Ricordo ancora il quadro
a tinte un po’ sbiadite:
siamo andate a prendere mio padre,
là, nel porto, trepidanti...
E’ sbarcato con uno scatolone,
l’ha aperto con tanta cura:
quando ho visto la bambolona
ho strillato di paura...
E così l’abbiamo messa via,
mai più nessuno ne ha fatto menzione e se le viene la nostalgia...
nemmeno un cane che la consoli...!

SEZIONE A - 2ª classificata

Baroni Carla     Ferrara
Wistaria sinensis
Nei glicini contorti che in aprile
si tingono di grappoli violetti
di questa mia città, c’è una via crucis
a me soltanto nota con stazioni
poco frequenti. E la mia via crucis.
La prima e la più antica postazione
è nel cortile dove un tempo era
la casa in cui abitavo, vecchia casa
dove pian piano tutto ci fu tolto
per esiliarci, per mandarci via.
Mia madre è lì che incominciò a morire.

Poco distante, alla cavallerizza
d’una rossa caserma abbandonata
tra le ortiche pungenti e le radici
di un altro gigantesco rampicante
facemmo il cimitero degli uccelli.
Con scatole di latta e un po’ di plastica
mia madre fabbricava le sue bare.

La terza pianta a lutto a primavera
fu quella del sagrato a San Domenico.
Mia madre in quella chiesa sante messe
faceva celebrare per i morti.

E infine a Casa Cini un esemplare
di wistaria sinensis minacciosa
incombeva sul pozzo a protezione.
Là andavo nel periodo in cui mia madre
già in lenta agonia si consumava.

Hanno piantato un glicine in giardino
che si protende alto e vigoroso.
Arriverà tra poco alla finestra
a coprirla di rami ed è in quella
nube di fiori che io attendo adesso
che si concluda, con mia madre accanto,
l’ultimo atto della mia via crucis

SEZIONE A - 3ª classificata

Capecchi Loriana   Quarrata PT
Riflessa nello specchio una bambina

Alla parete uno specchio indicava
una bambina intenta a far boccacce
La fanciulla ero io che mi annoiavo
nel chiuso di una stanza se la pioggia
batteva ai vetri della mia finestra
ma prometteva ancora nuovo sole
a rondini sul filo in attesa di volo
e a lei mari d’erba percorsi dal vento
finché notte scendeva a riciclare
una conta impossibile di stelle
Lungo era il giorno privo di pensieri.
Adesso trovo solo un tempo in fuga
seppure al balcone un fiore rimane
a dirmi la bellezza della vita
che a passate memorie vuol tornare.
Com’era bella quella mia campagna
padrona di sussurri e di sentori
per refolo di vento che intrecciava
curva di cielo a mari di trifoglio.
Dall’ombra di fossi
si alzava un volo bianco di farfalle. Nel sole
pure il grano nascente era fanciullo.
E c’erano sorrisi nella vigna
per la bimba selvaggia che andava
senza difesa all’afa del meriggio.
Lei ape. Lei libellula. In attesa
lucertola sul sasso ad osservare.
Lei corsa a perdifiato. Lei la fionda
la bambola di pezza abbandonata
oppure solamente veste rosa
rimasta in breve corta sui ginocchi.
Ed anche se l’ombra di un’ala
passata sull’acqua del fiume non resta
a tratti l’infanzia talvolta ritorna stupita
col pollice teso a indicare la luna.

SEZIONE A - 4ª classificata
Caso Giovanni    Siano SA
IL SUBLIME DELLA VITA
L’incanto è qui, tra queste foglie d’oro,
nel profumo del mirto, nel colore
dell’erba, nella forza della sera
che brucia le sue stelle. Orme di luna
si fissano nel vento che corteggia
il nostro insonne andare, assaporando
stagioni e incantamenti, navigando
acque d’attesa. E non scorgiamo il luogo
dove approdare, evanescente è l’isola
del non ritorno.

;Eppure c’è vigore
nella mano che afferra un altro rovo
e non s’accorge che zampilla sangue.
Questo il sublime della vita, il grido
del primo pianto, i passi lungo i giorni,
i sogni, le cadute, fino al vento
dell’ultimo cammino. Ecco, nel cuore
noi tutto conserviamo, enigmi c fiori,
e il guizzo d’un sorriso, e il cocchio bianco
che ci trasporti a Dio.

È giorno ancora
per la farfalla che accarezza il viso,
c’è luce fra le foglie, nei giardini,
nel grembo del tramonto. E se chiudiamo
un solo istante gli occhi, in quell’istante
ci avvolge l’infinito. Eppure, a volte,
ci sfugge il poco, come il bisbigliare
del gelso, l’orizzonte che s’imbianca.
E le parole oscillano, fiammelle
tra il lembo della pagina e i pensieri.